Controllo della sciamatura tramite travaso di api. I metodi di Demaree e di Snelgrove.

Daniele Besomi

 

I metodi più comunemente usati per controllare le sciamature sono l'asportazione preventiva di api (telai con covata nascente o almeno opercolata) per impedire che la popolazione cresca in eccesso e per regolare il rapporto tra larve e api adulte, e la rimozione a posteriori di tutte le celle reali eventualmente costruite per interrompere (momentaneamente) il processo iniziato dalle api.

Il primo metodo ha due forme. La prima consiste nella rimozione graduale dei telai di covata al di sopra di un certo numero, optando per telai di covata nascente o comunque opercolata. Questa pratica contribuisce in due modi a  impedire l'insorgere dell'istinto sciamatorio nella colonia: da una parte, mantiene relativamente basso il numero di api ed evita la sovrappopolazione dell'arnia, e dall'altro impedisce al rapporto tra adulte e larve di salire sopra la soglia che innesca il processo riproduttivo. La seconda forma consiste nel dividere la colonia in due ('split') presto nella stagione, calibrando l'intervento in modo che la colonia madre abbia il tempo di ricrescere alla dimensione giusta per il momento del raccolto. In entrambi i casi, con le api asportate si formano dei nuclei; se si lascia che facciano la nuova regina da soli, sarà possibile trattarli dopo il completo sfarfallamento. Nel contempo, dalla colonia madre si sottraggono parecchie varroe, riducendone così il carico permettendo di facilitare il controllo più avanti nella stagione.

Il metodo della rimozione delle celle reali ha il vantaggio di mantenere nell'arnia un numero molto elevato di api, che saranno dunque più attive al mometo del raccolto; ma è tipicamente un'operazione che va contro l'istinto delle api stesse: distruggere le celle, infatti, a differenza del metodo precedente non rimuove le condizioni che hanno indotto le api a tentare la sciamatura; anzi, col passare del tempo questo istinto diventa sempre più pressante, per cui inevitabilmente le api provvederanno immeditemente a sostituire le celle distrutte. Occorre dunque ripetere il medesimo processo una volta alla settimana, ed è facile che prima o poi da una cella nascosta riesca a nascere una regina.

I due metodi alternativi che descriveremo nel seguito fanno entrambi capo a una tecnica completamente diversa, che sfrutta l'istinto delle api per eliminare le condizioni che portano alla scimatura. Entrambi consistono nella divisione temporanea della colonia dirigendo il flusso di bottinatrici dove più conveniente per lo scopo specifico che ci si prefigge.

ll metodo Demaree

In un articolo pubblicato sul Weekly Bee Journal (l'antecedente dell'American Bee Journal) il 24 settembre 1884, G. W. Demaree propone una tecnica (ora nota come metodo Demaree) per affrontare contemporaneamente due problemi: come evitare una sciamatura nel periodo immediatamente precedente un raccolto senza rinunciare al raccolto stesso.[1] La tecnica si basa su due pricipi: 1) una colonia orfana è in grado di produrre un raccolto abbondante, non dovendosi preoccupare di nutrire larve e potendo convertire rapidamente le api giovani in bottinatrici; e 2) spostando l'arnia, le bottinatrici uscite dalla nuova postazione torneranno alla vecchia postazione.

Il metodo è di semplice esecuzione, ma richiede temporaneamente l'uso di un'arnia aggiuntiva. La vecchia arnia viene spostata e al suo posto di mette quella nuova [il presupposto di Demaree era che si usassero arnie Langstorth, con melari della stessa dimansione dei favi da nido; con arnie Dadant, si possono usare due melari sovrapposti, con un fondo acquistabile o da costruire]. Nell'arnia nuova si mette un favo con uova e covata fresca prelevato dalla vecchia arnia con le rispettive nutrici che si dovranno occupare del favo di covata; si scrollano anche un po' delle api giovani dall'arnia vecchia, assicurandosi comunque che le rimanenti siano sufficienti per occuparsi della covata e per tenere caldo il nido. Per il resto, si daranno favi da melario. Nella vecchia arnia si lascerà la regina con il resto dei favi di covata, e abbastanza nutrimento. L'arnia vecchia viene sistemata di fianco all'arnia nuova, ma con l'entrata a 90° rispetto alla direzione di volo originale; meglio ricoprire per un gioro l'arnia vecchia con un telo, per dissimulare ulteriormente l'entrata.

Il risultato di questa operazione è che tutte le bottinatrici della colonia originaria migreranno nell'arnia nuova, e si potranno dedicare al raccolto senza doversi preoccupare di nutrire la covata. Le api cercheranno di produrre una nuova regina, ma basterà eliminare le celle (tutte su un unico telaio). Nell'arnia vecchia, intanto, non sono più date le condizioni per sciamare, essendo priva di bottinatrici. Nei giorni seguenti, nell'arnia vecchia continueranno a sfarfallare nuove api, e le nutrici ormai invecchiate possono diventare bottinatrici. Intanto si procederà a ruotare lentamente l'arnia vecchia in modo che dopo una decina di giorni torni ad essere orientata come l'arnia nuova. A questo punto, se c'è ancora flusso nettarifero, si può ripetere l'operazione: all'arnia nuova si darà un nuovo favo di uova e covata fresca, per mantenere vivo l'interesse della api, e si rigirerà a 90° l'arnia vecchia, in modo che le bottinatrici siano nuovamente trasferite nell'arnia nuova e possano contribuire al raccolto in corso. Alla fine del flusso nettarifero, le due colonie possono essere riunite.

Il metodo Demaree, qui descritto nella sua versione originale, è stato rielaborato in seguito dallo stesso autore e adattato da molti apicoltori, per cui ne esistono ormai diverse varianti, anche con una sola arnia con diversi piani in cui si possono spostare regina e covata. Tuttavia, quasi tutte queste versioni modificate richiedono la rimozione manuale delle celle reali che la parte di colonia che si ritiene orfana sente il bisogno di costruire. Per evitare questa incombenza, e il rischio di non vedere qualche cella, l'inglese L. E. Snelgrove ha elaborato un proprio metodo[2] che, con l'ausilio di una apposita tavola, permette di evitare questo fastidio.

Il metodo di Snelgrove

Come il metodo Demaree, anche quello di Snelgrove si basa sulla divisione (temporanea o definitiva) della colonia in due parti e sul travaso ripetuto delle bottinatrici da una metà della colonia all'altra. Ma, a differenza di Demaree:

  1. Snelgrove lavora in verticale (una cassa con due piani) anziché con due arnie adiacenti; è quidi possibile usare il suo metodo anche in un apiario con arnie collocate una vicino all'altra sulla medesima linea
  2. Anziché spostare una delle due arnie, Snelgrove effettua il travaso tramite una tavola divisoria orizzontale tra i due piani con un sistema di porte che permette di regolare il flusso di bottinatrici
  3. Anziché privare delle bottinatrici la regina e la covata, Snelgrove priva la regina della covata e le dà invece tutte le bottinatrici.

 Il metodo va applicato alle colonie forti prima che inizino la produzione di celle reali (ma è facile elaborare delle varianti qualora si fosse in ritardo: v. più avanti). La suddivisione della colonia va effettuata nel modo seguente.

Nella cassa originaria si lascia la regina, possibilmente con un telaio con covata fresca con le relative nutrici, una parte delle api giovani, un telaio già costruito, un nutritore a tasca, e fogli cerei sufficienti a riempire il resto dello spazio. Se non c'è un flusso nettarifero in corso, la colonia va nutrita. Si noti che, di fatto, questa operazione costituisce una messa a sciame della colonia: le api si comportano come se avessero sciamato —in particolare, ricostruiscono molto velocemente l'intero nido, da cui la necessità di nutrire—, con una differenza: la regina non smette di deporre, perché le api non hanno nessuna ragione di smagrirla da momento che non deve volare.

Inframmezzata dalla tavola di Snelgrove, al piano superiore (costituito, nelle arnie Dadant, da due melari sovrapposti) si mette: tutto il resto della covata, con abbondanti scorte —prestando attenzione che vi siano riserve di polline sufficienti a permettere di nutrire le covata stessa.

snelgrove montata

La tavola di Snelgrove separa il corpo della cassa con la regina messa a sciame, e la parte superiore con tutta la covata

La tavola è fatta in questo modo. La superficie ha la medesima dimensione del bordo superiore della cassa, visto che dovrà essere posta sopra di essa (nel caso di una Dadant standard: 43.5 x 50 cm). Ha un buco nel corpo, più o meno al centro, chiuso da una rete, per permettere sia il passaggio di calore che degli odori, mentre le api non possono passare. E ha 4 porte chiudibili sulla parte superiore e altrettante, in corrispondenza di queste ultime, sulla parte inferiore (nella versione originale

snelgrove1 snelgrove2

 La tavola di Snelgrove, vista dall'alto con le 4 porte che permettono l'uscita in modo alternato delle bottinatrici dai due melari, e vista lateralmente, che mostra uno dei 4 paia di entrate, una che esce dai melari e l'altra che permette l'esntrata nel corpo del nido in basso.

 

Al momento del'operazione di scissione della colonia, una delle porte che permette alle api del piano superiore di uscire deve oviamente essere aperta. Quando le bottinatrici presenti con la covata rientreranno dal primo volo, andranno dove sono abituate ad andare, cioè con la cassa madre. La quale, dunque, si ritroverà ben presto con tutte le bottinatrici. La covata al piano superiore si troverà invece con poche api; ma non per molto, perché ogni giorno sfarfalleranno tra 10 e 20 centinaia di nuove operaie dalla covata opercolata. Nel frattempo, le api si saranno rese conto di non avere una regina (anche se sentono l'odore della madre al piano inferiore, grazie al buco nella tavola di Snelgrove, si rendono coto di essere fisicamente separate), e inizieranno ad allevare celle reali, le prime delle quali (quelle allevate da larve di un giorno) nasceranno 13 giorni dopo, mentre le ultime nasceranno il 16° giorno.

Man mano che trascorrono i giorni, il fabbisogno di nutrici al piano superiore diminuisce, mentre diventa più pressante il fabbisogno di bottinatrici. Inizia duque presto il passaggio di attività, e dopo pochi giorni al piano superiori avremo nutrici a sufficienza e delle bottinatrici. Se lasciassimo evolvere la popolazione senza interferire, al momento dello sfarfallamento delle regine sarebbe inevitabile una sciamatura di una o più delle vergini, a causa dell'abbondanza di api e dell'assenza di covata fresca. Il piano di Snelgrove, però, non è questo. Il nostro autore si è reso conto che per sciamare sono necessarie parecchie bottinatrici (ricerche successive, in effetti, hanno dimostrato che la maggior parte delle api di uno sciame sono bottinatrici di mezza età [3]). La sua soluzione è quella di privare a più riprese le celle reali del piano superiore delle bottinatrici che accompagnerebbero la nuova regina alla sciamatura, effettuando ulteriori travasi verso la cassa madre. Per questo, Snelgrove usa diverse porte della sua tavola. Se le bottinatrici del piano superiore stanno uscendo, per esempio, dalla porta numero 1, basta chiudere quella porta e aprirne un'altra per permettere alle bottinatrici di uscire. Al rientro cercheranno di entrare dalla porta 1, che però troveranno chiusa. Sarà invece aperta la porta sotto la numero 1, che conduce alla cassa madre al piano inferiore. Le bottinatrici, dopo un attimo di perplessità, entrano da quella porta. Non ci saranno lotte perché le api riconoscono l'odore delle sorelle dell'altro piano grazie al buco nella tavola.

Di nuovo, tutte o quasi le bottinatrici del piano superiore sono travasate al piano inferiore, che vede aumentare la sua popolazione, e soprattutto —avendo molte bottinatrici— riceve molte risorse per il nido, stimolando così ulteriormente la produttività della regina. Se il travaso viene compiuto nei giorni 0, 7 e 14, come suggerisce Snelgrove, la sciamatura al piano superiore non è possibile (ho tuttavia notato che talvolta la sciamatura avviene già il 13° giorno, allo sfarfallamento di eventuali regine fatte a partire da larve di un giorno[4]; per evitare il problema, effettuo un quarto travaso, il 12° giorno; da cui l'utilità della quarta porta nella tavola).

Per riassumere: il metodo di Snelgrove impedisce la sciamatura, senza dover rimuovere celle, perché: la vecchia regina non sciama essendo convinta di averlo già fatto (sciamatura artificiale, ma pur sempre una sciamatura); le nuove regine non possono sciamare (e lotteranno tra oro fino alla morte) perché non hanno le bottinatrici per farlo. Alla fine: al piano inferiore hanno ricostituito la popolazione e rinnovato l'intero nido, e sono pronte per l'eventuale raccolto. Sopra, la regina sopravvissuta costituisce un nucleo, che può essere separato oppure riunito con la colonia al piano inferiore.

L'unica eventuale difficoltà nel funzionamento del metodo è che piova nei giorni degli ultimi travasi di bottinatrici: non potendo uscire, non traslocano, e sono dunque a disposizione per la sciamatura.

Il metodo è anche impiegabile, con le dovute modifiche, anche se si arriva tardi e le api hanno già costruito celle. Snelgrove propone una soluzione molto raffinata che consiste nel convincere le api a demolire loro stesse le celle; tuttavia richiede una settimana in più. In alternativa si può procedere come descritto in precedenza, ma ricalcolando la data delle prime potenziali sciamature e travasando le bottinatrici il giorno precedente, oppure —se non si conosce il gioro esatto del primo sfarfallamento perché le celle sono già chiuse— travasando le bottinatrici ogni 2 giorni. Addirittura, si può utilizzare a sciamatura già avvenuta, se si ricattura lo sciame e si sa da quele arnie provenga, salvando api e raccolto successivo.

Trattamenti

Né Demaree né Snelgrove potevano prevedere l'arrivo della Varroa. Tuttavia entrambi i metodi si prestano alla possibilità di trattamenti, in quanto una o entrambe le parti della colonia a un certo punto si trovano senza covata, rendendo possibile u'applicazione di acido ossalico.

 

Riferimenti bibliografici e note

[1]. G. W. Demaree, Controlling increase, etc., Weekly Bee Journal, vol. 20: 39, 24 settembre 1884. Ripubblicato in American Bee Journal, maggio 2024, pp. 557-558. Il testo (abbastanza breve) è trascritto in questo forum, circa a metà della pagina.

[2] E. L. Snelgrove, Swarming. Its control and prevention, Paulton: Purnell and Sons, 1935

[3] T. D. Seeley, La democrazia delle api, Ed. Montaonda.

[4] Ricerche successive hanno in effetti dimostrato che quasi due terzi delle celle di emergenza sono costruite ca partire da larve di meno di due giorni di età, un terzo da larve più vecchie, e meno di 1% da uova: R.D. Fell e R.A. Morse, Emergency queen cell production in the honey bee colony, Insectes Sociaux 31, 1984, pp. 221-237.

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